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Dal processo al “giudizio” ( l’intelligenza artificiale vista da un vecchio cibernetico )



Piccola prefazione:

questo testo è tratto da degli appunti che ho scritto negli anni ‘80 (...1986/7), quando ancora internet non c’era… in previsione di pubblicare un libro sulla cibernetica che però per varie vicissitudini, non ho mai pubblicato…

il testo è stato rivisitato… ma solo nell’ultima parte!


Indice



Dal Processo al Giudizio
Dal Processo al Giudizio


Introduzione.

Si può immaginare la realtà come una stanza buia che noi dobbiamo illuminare accendendo con l'intelligenza le luci della verità per guardare anche con gli occhi della mente ciò che di immenso vi è contenuto, per sentire, toccare e gustare quanto vi è predisposto, per tentare di capire ed amare un pensiero eterno.

Forse questo è uno scopo, forse soltanto solo un pensiero, un’illusione dettata dal desiderio di comunicare con l'universo, sicuramente una tendenza a capire per tentare di interpretare al meglio la nostra funzione di esseri viventi, considerando che la conoscenza non ci appartiene e che per questo spesso sbagliamo, anche in buona fede, senza sapere quali saranno le conseguenze dei nostri errori.


Quante volte la nostra mente si adopera per cercare delle risposte e per formulare delle domande che ci aiutino a capire quello che possiamo soltanto interpretare in riferimento al nostro sistema di coordinate o alla nostra logica, quante volte con poca umiltà pensiamo di poter conoscere la realtà del funzionamento di elementi che sottostanno a delle leggi universali, quante volte, con poco spirito estetico, fatichiamo il cervello per imporre la nostra volontà sulle strutture relazionali della natura e poi spesso, troppo spesso, partiamo col piede sbagliato per camminare lungo la nostra esistenza soltanto in considerazione al fatto che dobbiamo reagire ad un determinato evento.

Si può pensare che sia un grande e nobile atto d'amore il fatto che si cerchi di capire il nostro funzionamento di esseri viventi, sia dal punto di vista della concezione fisica del nostro esistere, sia per quanto riguarda il contesto nel quale siamo inseriti, sia per quello che fa riferimento all'aspetto mentale e spirituale, se in considerazione di questi ultimi ci possiamo distinguere dagli altri animali.


D'altro canto sarebbe doveroso comunque rispetto a noi stessi il tentare di darci delle spiegazioni sul nostro comportamento, in considerazione al fatto che ci riteniamo esseri dotati di intelligenza, affinché dai risultati che saremmo in grado di raggiungere con questo proposito, non si possa un giorno migliorare ancora di più i rapporti che riusciremmo a stabilire con la natura e con le macchine che saremmo in grado di costruire, nonché i rapporti che si possono instaurare tra di noi, per quello che concerne la nostra vita personale psicologica e la nostra vita sociale.


Molto frequentemente il nostro pensiero, forse perché condizionato dalle esigenze primarie o artificiosamente imposte come tali da una società in costante evoluzione e quindi esterne a noi, si ferma a lavorare con delle categorizzazioni mentali derivanti da una posizione di necessità nel risolvere dei problemi che ogni giorno la nostra esistenza ci riserva o, in altri casi, si preferisce perché ritenuta più facile, o perché più immediata e meno laboriosa, un'analisi descrittiva delle situazioni, siano esse fisiche ed esterne a noi che interne al nostro organismo e quindi anche mentali, come se la domanda che ci poniamo alla base di questi nostri ragionamenti fosse proprio il "come?", tralasciando altre possibilità di costruire e approfondire con sistemi diversi l’analisi della nostra situazione e di quello che questa sottintende.


A livello soggettivo quasi sempre il ragionamento parte da domande espresse nella

forma indicata con delle proposizioni semplici: come posso fare io per... o, come mi sento di essere... oppure, come io ti vedo..., o ancora, com'è questa cosa... ecc...; possiamo così fondare i principi per i più svariati e raffinati ragionamenti, possiamo ricercare con questo metodo le cause primarie del nostro esistere, le fondamenta della vita, o i fini della nostra esistenza, ma questo modo di pensare sembra essere incompleto, anche se durante i nostri ragionamenti abbiamo inserito tanti "perché".

C'è sempre qualcosa che sembra sfuggirci,che ci lascia insoddisfatti di questo nostro "ricercare mentale", in fondo a tutto rimane comunque quel fatale errore, quello che si può definire come l'errore filosofico.


Questo errore è dovuto non tanto alla forma del linguaggio adottato, ma al fatto che il

concepimento della realtà o della conoscenza è legato ad una metodologia che ne sottintende una forma espressiva di comunicazione che si identifica a livelli diversi a seconda del modo di affrontare il ragionamento su cui basiamo il nostro pensiero e che perciò dipende a priori dalle categorizzazioni mentali che formulano il pensiero stesso.

Forse è addirittura una frode parlare di concepimento della realtà e della conoscenza dal punto di vista assolutistico di chi formula un qualsiasi ragionamento, anche se complesso sotto l'aspetto categoriale, come le piramidi teorico-matematiche di alcuni lumi della fisica e della matematica, meglio sarebbe dire che la nostra è una tendenzialià ad interpretare la realtà e a cercare di capire le relazioni che tengono assieme le cose agli eventi, ovvero i processi di trasformazione che riusciamo a percepire a malapena, viste le nostre potenzialità sensoriali comuni.


Possiamo solo ammettere che queste operazioni mentali, intese come elaborazione del percepito, ci portano molto lontano, ci fanno affrontare molte asperità nel nostro percorso, ma alla fine se tutto viene condotto usufruendo delle qualità che tutti noi sappiamo riconoscere nei più bei sentimenti che il nostro animo è in grado di generare, la fatica che proviamo viene ripagata dalle soddisfazioni e dalle emozioni che si possono provare, forse si tratta di qualcosa di ancora più grande, qualcosa che la nostra immaginazione fatica a concepire; in fondo comunque, il risultato si basa su delle operazioni molto semplici, che per questo possono essere considerate basilari e naturali e forse proprio per queste ragioni fatichiamo a capire quali esse siano: la confusione che a volte in ognuno di noi fa da padrona non è altro che una sbagliata interpretazione di messaggi estremamente semplici che ci vengono proposti gratuitamente, basterebbe soltanto saper contemplare umilmente cercando di dare a tutto un significato logico.


Non è molto facile da capire a prima vista, ma la nostra insoddisfazione, quel senso di vuoto e negativo che rimane in noi a volte, dopo essersi arrovellati il cervello fino a mandare in crisi le catene neuroniche, deriva proprio dalle categorizzazioni mentali indotte da quella domanda di base, perché spesso non possono trovare riscontro nella metodologia correlativa e nè possono trovare riscontro nel sistema comunicativo utilizzato per supportare le stesse: proviamo la stessa insoddisfazione sia quando tentiamo di dare una risposta ad una domanda qualsiasi usufruendo del supporto comunicativo classico che quando la risposta ci viene fornita da dei modelli matematici, ciò che non soddisfa mai il nostro pensiero è la possibilità interpretativa, in quanto saremmo sempre costretti a delimitare il campo del ragionamento in funzione ad un certo numero di concetti che esprimono la presunta funzione e le relazioni strutturali a cui sono interessati processi ed eventi.


Approfondendo ulteriormente quanto sopra esposto, possiamo affermare che le categorizzazioni mentali sono delle operazioni che la nostra mente compie su dei concetti, mettendoli in relazione tra loro e definendoli attraverso la comunicazione logica, con le comuni parole che usiamo per farci capire, ma che ad un certo livello comportano l'utilizzo di discorsi astratti, dove tutto assume una configurazione teorica, dove l'espressione verbale fatica a dare l'immagine delle cose che si vogliono comunicare appunto perché queste sono delle operazioni mentali, allora si incomincia una attività di scambio di informazioni che concerne nel mettere in relazione le cose tra loro come facenti parte di un mondo “esterno” e per di più diviso in categorie rigide, dove tutto sembra essere prefissato da regole, in classi ad esempio: la classe degli animali, che congloba le varie classi delle specie e dei generi animali, la classe dei vegetali che congloba le varie classi delle specie e dei generi vegetali, la classe degli uomini con i capelli biondi, oppure quella delle persone appartenenti ad una certa razza e così via fino alla classe dei concetti che congloba tutti i concetti anche il concetto di classe, ma attenzione a non inciampare quando si tratta di operazioni mentali, evitiamo quegli errori che hanno portato per il passato a dei paradossi che in realtà sono l'espressione della inadeguatezza della metodologia mentale di analisi.

Rimanendo sempre nell'ambito della operazione di classificazione, potremmo essere appunto anche in grado di formulare una classe dei paradossi, saremmo anche in grado di suddividere in varie categorie i paradossi appartenenti a questa classe, da quelli semantici a quelli pragmatici a quelli logico-matematici o mistici, comunque sia, una prima definizione di paradosso può essere formulata come una contraddizione che deriva dalla deduzione corretta da premesse coerenti; sta di fatto che è una situazione operativa derivante da degli stati attenzionali che la nostra mente non riesce a correlare correttamente, vuoi per la metodologia con cui vengono analizzate determinate sensazioni, vuoi anche perché siamo posti su un sistema di coordinate tale per cui la nostra immaginazione non riesce a far sviluppare il pensiero in modo tale da controreazionare in maniera efficace l'energia che viene accumulata durante un processo di trasformazione di informazioni, in altre parole non si riesce sempre a correlare correttamente i concetti: la nostra attenzione sembra rimanere sospesa nel vuoto, non trova appigli per passare su altri concetti, per espandersi, ovvero non riusciamo più a

formulare delle operazioni mentali che consentano la continuità del ragionamento, un po' come succederebbe se considerassimo come unica possibilità quella di disegnare dei triangoli su un piano, ammetteremmo come Euclide che la somma degli angoli interni di un qualsiasi triangolo corrisponde ad un angolo piatto di 180 gradi, ma se qualcuno ci viene a dire che si possono ottenere dei triangoli particolari, per esempio quelli costruibili sulla superficie di una sfera che hanno la somma degli angoli interni superiore all'angolo piatto, dovremmo sentire la nostra mente che si oppone a questa affermazione, una cosa analoga succederebbe a chi ancora credesse che la terra sia piatta, dovrebbe trovare paradossale che procedendo in linea retta verso occidente ci si ritroverà alla fine del percorso allo stesso punto di partenza ma provenienti da oriente.




(nota: bello riuscire a disegnare triangoli sferici su di un piano no?)



Nulla di strano allora se si accetta umilmente la nostra condizione operativa mentale, l'importante è tentare di ottenere delle spiegazioni che ci consentano di migliorare ed affinare i nostri strumenti intellettuali, arrivare ad ammettere che ci sono delle spiegazioni a determinati concetti che possono sembrare paradossali, sembra essere il limite della nostra mente, ma anche la nostra forza che ci deve indurre a progredire se possibile, a stare più attenti a ciò che facciamo, a come siamo in grado di formulare un qualsiasi pensiero e al perché di queste nostre operazioni.


L'evoluzione della comprensione umana sembra proprio impostata nella risoluzione dei paradossi, nel superamento di questi con dei metodi sempre più sottili che tendono a produrre uno sviluppo intellettivo coerente con una verità sconosciuta nell'ambito della più vasta possibilità di interpretazione.


La scelta di affrontare sin da questo momento le difficoltà interpretative delle concezioni paradossali, anche se condotta tramite un metodo il più semplificato possibile, si rende necessaria in quanto, pur essendo uno scoglio notevole per la facilità delle spiegazioni fattibili sulle ipotesi di funzionamento della nostra mente, introduce ed indirizza il lettore ad una tipologia di analisi che rende possibile la corretta comprensione degli argomenti trattati su questo testo.


I ragionamenti allora cominciano ad appesantirsi, bisogna far lavorare per un attimo la

mente e la lettura in questo momento si complica, ma chi ha l'animo tranquillo sa che ciò che adesso può sembrare buio e pesante, più avanti si tramuterà in luce e leggerezza: queste cose possono dare fastidio, legano ed imprigionano la nostra attenzione castigando l'immaginazione, ma se adeguatamente avvicinati, ci aiutano a migliorare le nostre facoltà mentali e ci possono anche fornire la felicità di convivere meglio con noi stessi.


Esempi classici di paradossi ne possiamo cogliere dovunque, sono come dei fiori che

spuntano sul campo dalla conoscenza, ma quello che vorrei proporre, per la sua portata

intellettuale e perché derivante dal superamento proprio di una concezione paradossale di carattere logico-matematico, che d'altro canto non sembra incidere nell'etica personale di ognuno di noi, ci viene fornito proprio dalla teoria delle classi, che come possiamo immaginare, sono dei concetti che la nostra mente produce tramite delle operazioni complesse di carattere categoriale, dovute alla necessità di catalogazione e suddivisione o riparametrazione e ordinamento, e quant'altro può servire per rendere comunicabili determinati concetti di origine percettiva, ma che assumono ad un determinato livello di comunicazione, una strutturazione particolare di relazione fra i concetti stessi, che a volte può essere appunto interpretata come antitetica.


Prendiamo come esempio il caso dell'interpretazione della frase inerente a quella... ”classe di tutte le classi che non sono membri di se stesse"; sono sicuro che questo esempio potrà rendere bene l'idea delle possibilità che ci sono di scivolare teorizzando, su una buccia di banana e di finire contro un paradosso che invece paradosso non è se visto sotto un altro aspetto.


Partiamo col definire in linea di massima il concetto di classe utilizzando delle correlazioni logico-matematiche: una buona definizione di classe va ricercata, nel linguaggio matematico come una collezione di termini, qualcosa di ben definito che non permette ambiguità.


Allora se supponiamo di definire una classe come la totalità di tutti quegli elementi che

hanno qualche proprietà o attributo in comune, potremmo affermare ad esempio che la classe delle pecore contiene tutte le pecore passate presenti e future, nessuna esclusa, quindi tutte le altre cose che ci sono, si possono considerare appartenenti alla classe delle non-pecore, poiché queste cose hanno in comune la proprietà di non essere appunto delle pecore.


Ora, ogni asserzione che implichi l'appartenenza di una cosa a tutte e due le classi è una ovvia contraddizione, un ambiguità appunto.


E` evidente per quanto sopra esposto, che la classe di tutti i concetti è essa stessa un concetto, al limite, se volessimo parificare le cose possiamo chiamarlo concetto-classe, mentre la nostra classe delle pecore non è una pecora.


A questo livello possiamo notare di primo acchito che ci sono delle “classi” che sono membri di se stesse e quelle che invece non lo sono: la classe che colleziona tutte le classi degli opposti è sicuramente una classe appartenente alla collezione delle classi che sono membri di se stesse, ovvero è una classe, mentre la classe degli animali e a maggior ragione la classe delle pecore non è una classe che è membro di se stessa, ovvero non è un animale ne tantomeno una pecora, quella operazione che noi in effetti stiamo facendo è una riparametrazione comparativa fra due cose che si assomigliano ma non sono uguali e tentiamo di prenderle come uguali.


Tuttavia se ripetiamo l'operazione ancora una volta potremmo affermare che conglobando nella classe 'A' tutte le classi che sono membri di se stesse e nella classe 'B' tutte quelle che non sono membri di se stesse, dovremmo ottenere una suddivisione chiara del concetto-classe di classe; ma se ora vogliamo determinare se la classe 'B' è o non è membro di se stessa si finisce subito nel famoso paradosso russelliano che ci propone questa asserzione:

se la classe 'B' è un membro di se stessa allora non è un membro di se stessa appunto perché 'B' è la classe delle classi che non sono membri di se stesse!

Non dimentichiamo però che la divisione dell'universo in classi è esaustiva, non ci possono essere eccezioni di sorta e quindi questa proposizione, con questa tipologia correlazionale è un paradosso, una vera antinomia, perché il risultato paradossale si basa su una rigorosa deduzione logica e non sulla violazione delle leggi della logica adottata.


Teoria dei tipi logici.


La proposizione sopra esposta come paradossalmente logica può essere anche interpretata come una fallacia; Russell l'ha resa evidente con la sua teoria dei tipi logici.

Per spiegarla in parole povere, questa teoria postula il principio fondamentale che: qualunque cosa presupponga tutti gli elementi di una collezione non deve essere un termine della collezione.


Ovvero, il paradosso russelliano è dovuto alla confusione dei tipi logici, o livelli: una classe ha un livello più elevato dei suoi membri.

Per postulare questo abbiamo dovuto salire di un livello nella gerarchia dei tipi logici e contemporaneamente dovremmo salire di un livello nella tipologia espressiva per spiegare la cosa.


Quanto sopra per dire anche di fare attenzione ai concetti, affermare infatti che la classe

di tutti i concetti è essa stessa un concetto, non è privo di significato, poiché i concetti sono dei prodotti dell'operare mentale e quindi possiamo in qualche modo identificarne il tipo logico, ma questo sarà una delle problematiche trattate nei prossimi capitoli, per il momento invece è molto più utile dare una dimostrazione semplificata dell'argomento sopra esposto,sia perché ho una visione entropica della comunicazione (e di questo chiedo scusa agli addetti ai lavori), sia per rendere il più divulgativo possibile questo testo, in quanto ritengo che gli argomenti che saranno trattati in seguito debbano coinvolgere qualsiasi lettore, quindi il linguaggio utilizzato sarà il più possibile variegato nello stile onde tentare di ottenere una piacevole lettura che altrimenti potrebbe risultare ostica e pesante, sia per abituare il lettore stesso ad un tipo di descrizioni teorico-astratte dei processi di ragionamento.


La dimostrazione della teoria dei tipi logici più semplice che mi viene in mente per le

possibilità espressive che offre è una rappresentazione schematica dei concetti di classe che prendo in prestito dalla matematica “matricale”, in fondo la nostra mente è come un

supermercato, basta saper scegliere i prodotti che servono al nostro fabbisogno.


Per poter rendere comprensibile in maniera schematica quanto si vuole esprimere è

necessario però spiegare a priori, anche se in un modo metaforico, le cose che vogliamo

indicare, ed è utile partire col dare una rappresentazione del concetto di variabile utilizzando per questo una metodologia derivante dalle categorizzazioni mentali imposte dal rispondere alla domanda "com'è questa cosa?" che quindi non permette una descrizione operazionale del concetto ma ne indica una idea che aiuta a concepire l'immagine mentale, lasciando per ora sospesa una descrizione teorica dal punto di vista delle ipotesi relative alla costituzione mentale dello stesso.


La variabile è una cosa che può essere intesa come un contenitore atto a contenere delle

grandezze omogenee e di solito viene indicata con una lettera dell'alfabeto, per esempio: 'a' e 'b' possiamo immaginare che riescano a contenere dei dati numerici ossia, 'a' in un certo istante potrebbe contenere il numero '1',mentre 'b' potrebbe contenere il numero '-1' e sarebbe quindi lecito scrivere che a=1 e b=-1 secondo le nostre più semplici convenzioni grafiche.




Di 'a' si potrebbe dire che riesca a contenere tutti i numeri positivi interi, invece di 'b'

dire che riesca a contenere tutti quelli negativi e interi;potremmo inventare una terza variabile 'c' che possa contenere uno per volta tutti i numeri positivi e negativi interi e non, oppure 'd' che in generale possa contenere tutti i tipi di numeri esistenti, interi, decimali, fratti, immaginari ecc… (Vedasi altro articolo sui ferri del mestiere da usare nell’ambito della intelligenza artificiale).


La nostra fantasia ci potrebbe permettere anche di "costruire" mentalmente delle

variabili in grado di contenere dei nomi, per esempio 'f$' sarà una variabile adatta a

contenere, uno alla volta, tutti i nomi femminili, mentre 'm$' tutti quelli maschili, invece 'i$' potrebbe contenere, sempre uno alla volta, tutti i nomi in generale e 'ni$' ancora, sarà quella che conterrà tutti i codici alfanumerici.


In realtà tutti i computer, anche i più piccoli usano questa forma matematica per

"giocare" con dei dati: il dato è appunto il contenuto della variabile e la variabile si identifica con questo in un determinato tempo e per delle ben determinate ragioni: si può benissimo scrivere senza dubbi di logica che nel tempo 'x' e “perché lo decide qualcuno”, in qualche luogo, qualcosa di identificabile con 'f$’ sia == “Kika”. (nota che Kika forse starà mangiando le crocchette!).


Possiamo fin da ora constatare una cosa molto importante: le variabili che sono state

elencate non appartengono tutte allo stesso tipo logico sebbene si assomiglino nella loro

funzione, la variabile 'm$' è dello stesso tipo logico della variabile 'f$', ma di tipo logico

inferiore alla variabile 'i$' poiché un dato contenuto in 'm$' è sempre "trasportabile" nella variabile 'i$', ma non viceversa: poniamo il caso che 'i$=tigre' o 'i$=Bibi', 'm$' non assumerà mai un dato del genere perché incompatibile con il suo tipo logico; d'altra parte possiamo ancora ammettere che se 'ni$==cccrmo60m11xxxx' non potremmo trasferire in nessun'altra variabile elencata questo dato, mentre se 'Giovanna' fosse il contenuto di 'f$', oppure 'Romeo' fosse quello di 'm$' o ancora '3' fosse il contenuto di 'd', potremmo sicuramente trasportare questi dati in 'ni$', poiché questo tipo di variabile può contenere tutti i tipi di codici composti da lettere e numeri che vogliamo, quindi può a maggior ragione contenere sia codici composti da sole lettere e anche codici composti da soli numeri. (notare che a volte ho messo un doppio “=” e a volte uno solo… gli informatici sicuramente avranno capito la differenza ma per molti altri potrebbe solo essere un refuso di battitura…)


Vediamo ora di espandere il discorso alle 'classi' che, sempre utilizzando questa

tipologia descrittiva, sono quei contenitori che possono contenere dei gruppi omogenei di cose associate per chissà quali attributi o fattori; se dovessimo riprendere come esempio una trasformazione della variabile sopra indicata, dovremmo soltanto dire che per identificare una classe useremo un tipo di scritture analoghe, ad esempio 'A$(n)' potrebbe benissimo rappresentare una classe contenente un numero 'n' di elementi, scrivere che 'A$(n)' rappresenta la classe degli animali può essere del tutto corretto, e assumere che 'A$(1)', ossia il primo (o il secondo) elemento di 'A$(n)' sia la classe dei felini anche è corretto, così potremmo proseguire nell'identificare e assegnare ai vari posti di 'A$(n)' i vari generi di animali, questo equivale a dire anche che si possono costituire in un certo modo delle altre classi del tipo 'F$(n)' che contengano a loro volta un certo numero di elementi; scrivere quindi che 'F$(n) = A$(1) = classe dei felini è del tutto corretto… mentalmente sembrano assegnazioni valide!… LOGICHE!


Allora continuiamo! Potremmo indicare come primo elemento di 'F$(n)' ossia, 'F$(1)=tigre' e come secondo 'F$(2)=gatto' e così via; ma la nostra fantasia non si ferma ancora e potrebbe costruire delle classi rappresentabili con variabili a più dimensioni come 'A$(n,m)' o ancora ‘A$(n,m,z)', dove gli indici 'n,m,z', rappresentano in questo caso, il numero degli elementi nella “ipotizzazione spaziale” delle tre dimensioni e potremmo continuare per 'n' dimensioni, non ci sono limiti imposti alla possibilità di teorizzazione in questo senso, semmai sarà poi difficile trovare una forma logica di espressione di ricerca dei vari elementi, di elaborazione, di modificazione, di implementazione funzionale, ossia una forma matematica che permetta di lavorare su tutte le dimensioni che si sono impostate, ovvero una metodologia che dia la possibilità di inserire i dati, di estrarre gli stessi, di modificarli ed elaborarli, con “condizione di causa”!

Ma vediamo a questo punto lo schema che può essere di notevole aiuto per coloro che

abbisognano di un supporto visivo per poter immaginare una struttura relazionale:





Che dire della posizione 'A$(0,0)' se non che è l'identificatore logico della classe? Ed è quindi l'unica posizione che si trova ad avere un “tipo logico” di livello superiore a tutte le altre?

Ecco allora che partendo da questa affermazione possiamo dire che l'identificatore di una classe è soltanto dato dalla possibilità logica di raggruppamento della quantità di attributi appartenenti agli elementi della collezione sottintesa dalla classe stessa.

Così quindi si spiega, in un modo del tutto semplificato, la fallacia del paradosso della

"classe di tutte le classi non appartengono a se stesse" appunto perché il suo identificatore logico è di un livello superiore a quello che la collezione contiene.

Ritengo a questo punto interessante invitare il lettore a fermarsi un attimo per

controllare il suo stato d'animo.


Coloro che hanno seguito il ragionamento lasciandosi trasportare dalla tipologia delle

associazioni indotte dalle categorizzazioni mentali di chi scrive, saranno rimasti passivi e quindi avranno le stesse sensazioni di un turista che viene trasportato sulla barca del

ragionamento e che si lascia cullare dalle onde del pensiero; ribadisco ancora che questa

metodologia di spiegazione deriva dalle categorizzazioni mentali adottate per rispondere alla domanda di base "come?", mentre altri potrebbero essersi sentiti attivi invece nel gioco di "trasportare" e "trasformare" con l'immaginazione i vari concetti, perché questo è l'indice di chi ha affrontato il ragionamento rispondendo alla domanda di base "perché?".


In questo caso è presupponibile che tutti dovrebbero essere arrivati alle stesse

conclusioni, utilizzando però delle categorizzazioni mentali diverse.


La proposta di fornire con una metodologia diversa la spiegazione del superamento di questa concezione paradossale, quella cioè fornita con delle categorizzazioni mentali derivanti dal rispondere alla domanda "perché?", dovrebbe ottenere allora la completa

chiarezza: presupponiamo dunque che 'A$(0,0)' possieda 'y' attributi, tutte le altre posizioni della matrice avranno sicuramente meno attributi di questa posizione, allora, qualsiasi animale potrà essere un dato per una variabile avente gli attributi di 'A$(0,0)' ma non succede la stessa cosa se questa variabile supposta prende gli attributi da una qualsiasi altra posizione della matrice indicante la classe degli animali, se per esempio prendiamo una variabile che abbia gli attributi indicati dalla posizione 'A$(1,0)', questa non potrà sicuramente contenere l'animale descritto come 'pecora', se abbiamo assegnato a quella posizione “felini”, proprio perché le pecore non sono dei felini.


A questo punto è dovere notare una cosa assai interessante che riguarda l'accomunanza

degli attributi in relazione alla tipologia della classe di appartenenza: il nostro sistema “categoriale” ci suggerisce immediatamente che elementi simili hanno in comune attributi similari, ovvero, se per esempio prendessimo in considerazione la classe degli

uccelli, dovremmo sicuramente ammettere che sono degli elementi accomunati dal fatto di avere in comune alcuni attributi: sono dei soggetti piumati ed alati, bipedi e ovipari.


Se a questo punto considerassimo una sottoclasse degli uccelli, per esempio quella relativa alle cicogne, dovremmo ammettere che riusciremmo a trovare un maggior numero di attributi in comune e dovendo esasperare questa tipologia di ragionamento, troveremmo che una particolare famiglia di cicogne possiede un ancora maggior numero di attributi in comune, come può succedere pensando alle caratteriali di una certa etnia o di una certa famiglia umana.


Al vertice di questo processo di restringimento dovrebbe esserci l'individualità di un singolo soggetto ossia l'unità, che raggruppa in se tutte le caratteristiche o gli attributi relativi alla sua classe di appartenenza.


Attenzione, adesso possiamo sicuramente notare una cosa importante: tanto più è elevato il livello logico dell'identificatore di una classe, tanto più alta è la sua possibilità di contenere degli attributi, ma paradossalmente, diviene sempre maggiore la residenzialità a stabilire quali siano gli attributi accomunati: si pensi proprio al concetto di animale.

L'interpretazione prospettata in questo senso della realtà dovrebbe fornire una

suddivisione in classi aventi come indice 'y' il maggior numero di attributi possibili e come criterio di decremento logico un secondo indice 'x' che dia la possibilità di soddisfare la facoltà esaustiva della suddivisione stessa.


Ecco allora che non dovrebbe sentirsi stupire nessuno se indicassi il numero '2' come espressione delle classi che contengono tutte le paia esistenti, potrebbe essere proprio la classe degli opposti, delle complementarietà o dei paradossi, o il numero '3' come quello che identifica tutte le terne, non si è fatto altro che attribuire un dato concettuale all'identificatore logico della classe che colleziona alcune cose che hanno tra loro delle caratteristiche in comune, caratteristiche o attributi che si esprimono appunto in concetti di numero.


Che dire allora della classe di tutte le classi?, quale sarà il concetto da attribuire al suo identificatore?

Tentiamo di fare un ragionamento semplificato: dapprima pensiamo alla "classe nulla", sarà quella classe che non contiene nessun elemento e il suo identificatore logico ovviamente si può considerare come il concetto di numero "Zero", passiamo ora a considerare la "classe di tutte le classi che appartengono a se stesse" e associamo al suo identificatore logico il concetto di "Infinito" poiché noi possiamo ottenere un'infinità di classi, partendo da qualsiasi tipologia di presupposti, non ci rimane adesso che "la classe di tutte le classi che non appartengono a se stesse" alla quale associamo il concetto di "Indefinito", in questo modo, il concetto che definisce questa particolare classe assume un livello logico superiore a qualsiasi elemento sottinteso dalla stessa, ora il gioco è fatto, basta a questo punto pensare che il concetto da associare alla "classe di tutte le classi" sia ancora una volta "l'Unità".


La considerazione alla quale possiamo facilmente arrivare a riguardo del ragionamento sopra esposto si riferisce al fatto che abbiamo superato una concezione paradossale tramite il superamento della metodologia logica di analisi: abbiamo utilizzato al meglio le nostre “facoltà intellettive di processo”, per teorizzare dei rapporti fra dei concetti.

Se il ragionamento appena fatto ci forniva in qualche misura la dimostrazione della dipendenza di un paradosso dalla tipologia della logica adottata, un altro esempio, che prende spunto sempre dalla matematica e ci può aiutare a capire che a volte tutto dipende dal sistema di coordinate che vengono prese in considerazione per superare una determinata concezione, è quello fornito dalla rappresentazione su assi cartesiani (x;y) del concetto di punto e di linea euclidei: possiamo immaginare il punto come un'entità senza nessuna dimensione e la linea invece come un insieme di punti avente una dimensione infinita.


Sicuramente può sembrare paradossale che un insieme infinito di entità senza nessuna dimensione diano origine a qualcosa avente una dimensione infinita, ma la nostra immaginazione ci può venire incontro nel superamento di questa concezione, qualora si pensi ad esempio di ruotare opportunamente il sistema di coordinate relativo alla rappresentazione di una linea: scopriremmo che la linea può anche essere vista come un punto e viceversa. (vedasi l’altro articolo sugli strumenti del mestiere).


Nessuno ancora dovrebbe stupirsi se anche un punto rappresentato negli assi cartesiani (x,y,z) può essere considerato come una linea su uno spazio quadridimensionale, avente cioè come assi quelli spaziali sopra citati e l'asse temporale: il punto spaziale è una linea spazio-temporale (curva): questo ci dimostra palesemente che alcune concezioni paradossali sussistono in funzione al sistema di coordinate che adottiamo o a cui siamo soggetti.


E importante e necessario a questo punto notare una cosa, cioè che la verità espressa dovrebbe rispondere in modo del tutto uguale sia inducendo le categorizzazioni di pensiero rivolte al rispondere alla domanda "come?" che inducendo categorizzazioni per rispondere alla domanda "perché?", ora, qual'è la differenza fra queste categorizzazioni?

In termini descrittivi si può tentare di dare una risposta affermando che il ragionamento derivante dalle categorizzazioni del pensiero derivante dal rispondere alla domanda "perché?" sono operazioni mentali di disgiunzione sulla strutturazione delle interconnessioni dei concetti analizzati, si tende, in altre parole, a frazionare e scollegare “attenzionalmente” i vari “continui attenzionali” che sono alla base del ragionamento, mentre per rispondere alla domanda "come?" si tende ad un processo di giunzione sulla strutturazione delle interconnessioni dei vari concetti analizzati, ovvero si tende a “congiungere attenzionalmente” i “continui attenzionali” in un sistema logico di interconnessioni e collegamenti; le due operazioni mentali sono quindi

opposte nella loro strutturazione, ma la verità delle espressioni avanzate, o delle proposizioni, nel considerare una qualsiasi realtà, sia essa pratica o puramente teorica, risponde sempre a questi due processi di ragionamento e deve ulteriormente sottostare ad ulteriori assiomi di carattere squisitamente logico-matematico, assiomi che possiamo sempre ricondurre a proposizioni di base che sono, in altri termini, delle operazioni di analisi mentale che si assumono per produrre proprio i concetti.



Conoscenza e comunicazione.


La diversità operativa mentale nel rispondere a queste due domande: “come? e “perché?” ha sicuramente condotto a sviluppare in due settori la tipologia di conoscenza a cui possiamo attingere dall'interpretazione della realtà, si potrebbe benissimo dire che tutta la cultura umanistica, partendo da quella filosofica, è imperniata sulla metodologia di ragionamento preponderatamente condotto nel rispondere alla domanda "come?", mentre le discipline scientifiche sembrano maggiormente disposte al rispondere alla domanda "perché?!".

Questo, quasi sicuramente per una imposizione storica derivante dalla tipologia di studio e analisi di discipline diverse.

Si può ammettere che fosse stato più facile inizialmente capire dei fenomeni fisici o suggerire teorie matematiche rispondendo ai tanti perché di carattere percettivo che invece capire e rispondere a quelli del nostro operare mentale, così si è prodotta una diversità nel porsi nei confronti dell'osservato che nei confronti introspettivi dell'osservatore.


Indubbiamente però dobbiamo ammettere che la metodologia di analisi finora adottata nelle discipline umanistiche ha portato a dei livelli di teorizzazione sempre più elevati e viene supportata con un linguaggio che ci permette costantemente di continuare a concettualizzare cose sempre più astratte, lo stesso dicasi per le teorie scientifiche, con la differenza che queste hanno portato a sviluppare delle forme matematiche di interpretazione dei fenomeni fisici del tutto fuori della portata della nostra immaginazione, comunque sia, queste due discipline, pur con modalità del tutto diverse di correlazioni e categorizzazioni mentali, ci dimostrano che a determinati livelli si assomigliano, perlomeno dal punto di vista dei risultati a cui portano per quanto riguarda l'interpretazione della realtà; in sostanza, la traduzione verbale di determinate formule matematiche inerenti allo studio dell'universo corrispondono alle più elevate interpretazioni filosofiche.


Quanto sopra ci deve far riflettere, il filosofo è un uomo come il matematico o il fisico, sono entrambi appartenenti allo stesso genere e quindi è molto difficile che non utilizzino gli stessi strumenti per cercare di capire il mondo che li circonda, più in generale, tutti noi abbiamo le stesse potenzialità interpretative della realtà, soltanto che le possiamo utilizzare in modo diverso, nel caso del filosofo-mistico e del fisico-matematico la metodologia di interpretazione sembra essere derivante da correlazioni e categorizzazioni del tutto opposte, ma ricordiamoci allora che percorrere una strada in direzioni opposte può portare allo stesso punto, ed esisterà perlomeno una nuova strada che sicuramente dimostrerà l'esistenza di questo; uno degli scopi da raggiungere è dimostrare come mai esiste una tale situazione.


In questa parte del testo, si è accennato alle categorizzazioni mentali, si è affermata la loro diversità nei confronti di due domande di base, si è infine spiegato in termini descrittivi in che cosa consiste questa diversità, ma per formulare un'analisi più profonda è opportuno vedere, quali siano i livelli di comunicazione che si possono adottare per produrre e ricevere delle informazioni, quindi dei concetti che in qualche modo ci forniscono le basi della nostra conoscenza, ovvero viceversa, in funzione alla tipologia di conoscenza che noi disponiamo, possiamo adottare diverse metodologie di comunicazione.


L'argomento si presenta alquanto complesso, si sono spesi fiumi di parole per spiegare la metodologia della comunicazione, abbiamo inventato la pragmatica dei sistemi di comunicazione evoluti e meccanizzati anche fra macchine ed è quindi lecito, nonché

necessario ed essenziale, analizzare il sistema di conoscenza e di comunicazione che ci contraddistingue dagli altri esseri viventi o dalle macchine che siamo in grado di costruire: in fondo, per farsi capire non bisogna soltanto comunicare, ma anche stabilire proprio quali sono le metodologie che si utilizzano nell'espletare questa funzione basilare di carattere universale, in parole povere, la comunicazione non va intesa soltanto come un trasferimento di informazioni da una parte all'altra dell'universo, ma qualcosa di molto più utile: un continuo trasformarsi di energia; ed è per questo che si tratta di uno dei compiti più difficili a cui siamo sottoposti.


Spendere dunque il proprio tempo nel cercare di chiarire un poco questo settore di studio in riferimento alla mente umana è sicuramente un lavoro che porta i suoi frutti, specialmente quando si tenta al contempo di migliorarsi.


Partiamo allora con l'identificare un sistema informativo nelle sue linee essenziali: per avere una qualsiasi tipologia di comunicazione è necessario che esista una fonte di informazione e una ricevente, questo significa ben poco se si può soltanto avere una comunicazione monodirezionale, ma è importante osservare che se ciò può essere considerato un sistema elementare di trasmissione e ricezione, questo ci fa giungere lo stesso a dei risultati di ragionamento notevoli: pensiamo infatti per un attimo a quello che i nostri occhi vedono o a cosa sentono le nostre orecchie e più in generale pensiamo a quante informazioni ci trasmettono tutti i nostri organi, (siamo sulla media delle diecimila impressioni sensoriali al secondo per il genere umano), pensiamo inoltre che questo succede in modo analogo a tutto il genere animale, qualcuno ha affermato che forse qualcosa di simile succede anche nel mondo vegetale, e sotto un certo aspetto è anche giusto pensarlo, ma non e proprio in questo testo che si vuole studiare quella metodologia di comunicazione in un modo approfondito, invece è interessante notare che per avere una fonte di comunicazione è necessario trasformare dell'energia, e altrettanto si sostiene per una ricevente, anche se queste sono di origini artificiali.


Esiste allora sicuramente una relazione profonda fra energia e comunicazione.

Le considerazioni più immediate che si possono trarre per quanto ci riguarda sono queste: se succede qualcosa il nostro organismo ci trasmette delle informazioni che possono derivare da degli stati che assumono i nostri organi o derivare da eventi esterni, quindi si vengono a stabilire delle interazioni fra gli organi stessi che ne modificano lo stato, queste informazioni dunque vengono trasmesse al cervello tramite il sistema nervoso e in questo posto vengono elaborate con delle operazioni mentali.


Ma che cos'è la mente? Nulla che abbia un posto fisico ma un'espressione comunicativa, un concetto che indica tutto ciò che di software avviene nel nostro sistema nervoso che ne è il supporto hardware, per dirla con una impostazione informatica, ovvero tutto il complesso di sensazioni, percezioni, cognizioni, stati d'animo, idee ragionamenti ecc. che il nostro cervello ci fa assumere tramite delle operazioni cerebrali, se le guardiamo in modo elementare da un punto di vista bio-neurologico.


Quello che immediatamente deriva da una tale situazione è il nostro atteggiamento, o più in generale, l'atteggiamento di un qualsiasi essere che è in grado di assumere o meno volontariamente determinate posizioni o stati, sussiste quindi, come minimo, proprio uno scambio energetico tra ambiente e organismo e a questo punto non si può non concludere affermando che esistenza e comunicazione sono concetti inseparabili sul piano della realtà effettuale, come sono inseparabili il concetto di energia e di informazione.


Si potrebbe ancora notare che tendenzialmente, tutte le attività sensoriali si trasformano in attività percettive mentali e che negli animali più evoluti avvengano delle ulteriori trasformazioni con il tempo in attività cognitive ed evidentemente negli esseri umani in

attività mentali ancora più complesse.


La conseguenza di tutto ciò è che, per un certo verso, gli esseri dotati di movimento proprio non possono non comunicare, ma una visione più teorica della realtà che prenda come spunto la possibilità di interazioni fra cose, ci indica che tutto si potrebbe osservare come se "L’universo fosse impermeato di messaggi rivolti a chi di interesse". (Norbert Wiener).


Se facciamo riferimento al genere umano, a questo punto possiamo dire che noi siamo individualmente una ricevente di informazioni e con il nostro atteggiamento, al contempo, siamo fonte di informazione, non solo, ma che tutto ciò che ci circonda a sua volta è ancora fonte di informazione, dunque, anche se la convivenza con altri esseri viventi avvenisse pure ad un livello primitivo e se considerassimo il fatto che le reazioni del nostro organismo, ovvero l'atteggiamento che noi assumiamo, influenzerà l'ambiente stesso, saremmo consapevoli che si verificheranno delle interazioni complesse e causali fra noi e ciò che ci coinvolge, dotate quindi di significato, a questo punto però non bisogna pensare che le interazioni casuali non abbiano significato, soltanto che il loro significato va ricercato usufruendo di un supporto analitico diverso.


Il sistema di comunicazione possibile su queste premesse allora, partendo dal presupposto che ci si possa muovere autonomamente, sarà costituito da una tipologia elementare di atteggiamenti e potremmo indicarlo come metodo “cinesico” di comunicazione: figuratevi una conversazione pressoché mimica o la comunicazione dei bambini piccoli che ancora non hanno appreso il linguaggio logico; indubbiamente un sistema imperfetto che andrà decodificato al meglio da parte di chi riceve una informazione così fatta, ma è il sistema che per forza si instaurerà dando origine ai primi passi della conoscenza delle cose e che nulla potrà dare invece sulla conoscenza dei percepiti stessi, in altre parole, la mente sarà potenzialmente attiva per dare e ricevere informazioni ad un primo stadio e con una metodologia che permetterà di fornire appunto le indicazioni delle cose "sentite" ma nulla più, non possiamo ancora parlare di vere e proprie percezioni mentali.


Potremmo invece asserire che questo sistema di comunicazione sarà derivante da una metodologia di primo livello, come d'altro canto, la qualità conoscitiva ne sottintende l'aspetto, che però nel complesso della strutturazione informativa, rimane persistente come complementarietà di comunicazione a tutti i livelli successivi.


Il linguaggio cinesico dunque va interpretato proprio come tutta quella serie di informazioni che derivano dal movimento che ognuno assume, compreso lo stato degli organi: quante volte noi sappiamo già fornire delle indicazioni di carattere generale soltanto attraverso determinati atteggiamenti o stati di altre persone, tutti sappiamo distinguere il fare gioioso o circospetto, spigliato o impacciato ecc.; la fisiognomica ci insegna proprio a percepire questa tipologia di linguaggio, persino nell'interpretazione dei tratti somatici.


Ecco allora che subito si viene a spiegare il termine conoscenza come possibilità interpretativa della realtà e si intravede la logica dell'esistenza degli eventi casuali come forme di interconnessioni comprensibili soltanto a livelli logici o su sistemi di coordinate diversi.


Con la persistenza dell’individuo o della specie e quindi con l’esistenza, tramite il sistema genetico, nonché con l'esperienza e con l'evoluzione mentale e dunque con il subentrare delle capacità categoriali, di quelle propriamente percettive e cognitive, di quelle associative e dissociative, di comparazione, inferenziali ecc., perlomeno per quanto ci riguarda, quindi attraverso un sistema intrinseco alla strutturazione funzionale della nostra mente,s i concepisce un secondo livello di conoscenza, non fosse altro che soltanto per mettere in relazione una cosa percepita con un'altra, si possono acquisire allora delle conoscenze sulle cose percepite vedendole attenzionalmente nel contesto fra oggetto di percezione e soggetto, oppure fra percepito e ambiente, ad esempio possiamo porci in modo differente nel percepire e mettere in relazione un pezzo di legno e un pezzo di corda, una volta potremmo vederlo come arco e un'altra come frusta, questo dinamismo mentale derivante dalla possibilità di armonizzare in modi differenti gli stati attenzionali e con l'evoluzione endogena, porta ad un secondo livello di comunicazione che corrisponde in sostanza al linguaggio verbale pesudo-logico, parlato, che potremmo identificare come comunicazione di secondo livello, quella in sostanza che si usa come comunicazione descrittiva normale.


A questo livello corrisponde anche il linguaggio negativistico-metaforico o analogico, che è sempre una forma di comunicazione, per quanto indefinita, che si sviluppa a questo stadio ma corrisponde a livelli di conoscenza superiori e in alcuni casi è l'unico modo per comunicare, in sostanza si tratta del linguaggio delle analogie, degli esempi e delle metafore, nel caso più bello è il linguaggio delle parabole, delle Upaniṣhad o dei koan.


Quando però si passa da delle considerazioni generiche sulla realtà effettuale a delle

considerazioni soggettive, o meglio quando l'atteggiamento mentale prende in considerazione il proprio operare per un fine, ossia le categorizzazioni mentali vengono estese attenzionalmente dal soggetto all'oggetto tramite appunto l'operare costitutivo del pensiero, il tipo di conoscenza subisce un ulteriore salto di livello,si prende atto di come il nostro atteggiamento sia in qualche modo causale della realtà e ciò che ci circonda sia a sua volta causale del nostro comportamento.


Teoricamente allora dovrebbe corrispondere un terzo livello di comunicazione, ma non sempre nella realtà questo accade, la sistematicità di utilizzo del secondo livello di comunicazione è preponderante e può succedere che l'essere umano incontri invece delle difficoltà psicologiche se le premesse di terzo ordine, quelle che appunto mettono in relazione stretta il soggetto con il mondo in cui si trova, non riescono a spiegare un universo per lui assurdo, ovvero, se i correlati primi derivanti dalle attività percettive e cognitive, o concetti di primo livello, non corrispondono con i correlati secondi derivanti dalle attività di teorizzazione o astrazione, o concetti di livelli superiori, si può ammettere che non sapendo spiegare in alcun modo questo avvenimento, possono manifestarsi invece nell'individuo, le premesse per delle manifestazioni di sofferenza psicologica, quella che possiamo individuare come angoscia esistenziale.


Ma vediamo di approfondire sin d'ora, almeno per rendere più chiare le affermazioni sopra esposte, quelle che sono le ragioni che provocano l'interazione fra la sfera mentale e la sfera psicologica, se proprio dobbiamo dividere in due settori ciò che è la risultanza delle operazioni mentali viste sotto un profilo comportamentale e fisiologico.


Partiamo con il considerare il fatto che ogni individuo ha una “sua immagine” di se stesso che chiamiamo immagine dell'Io, ovvero tutta quella serie di concetti strettamente correlati fra loro che costituiscono la personalità o il carattere di ognuno di noi, ovviamente è un'immagine mentale che deriva da dei processi molto complicati, perlomeno per quanto riguarda la strutturazione relazionale dei concetti che concorrono alla sua costituzione.


Ora, ogni individuo recepisce la realtà in conformità alla tipologia di processi che derivano dalla interconnessione delle informazioni con questa sua immagine da cui si sviluppano tutta una serie di stati mentali o psicologici che appartengono ad un unica

famiglia: quella degli stati d’animo, delle sensazioni, delle emozioni, dei sentimenti, delle impressioni e quant’altro concorre a provocare l’evoluzione di questa immagine stessa.


Consideriamo a questo punto gli effetti che queste situazioni mentali provocano a livello fisico, è indubbio che vi sia una relazione fra gli stati mentali e delle condizioni cerebrali e nervose, dobbiamo sempre far riferimento al fatto che esiste una forte interconnessione fra informazione ed energia, alla base di tutto ciò dobbiamo allora individuare delle funzioni che determinano la possibilità di sviluppare una trasformazione energetica tale da rendere possibile l'evoluzione fra le informazioni ricevute e quelle fornite, in altre parole, se consideriamo le facoltà attenzionali della mente, siamo in grado di stabilire l'esistenza di un complesso sistema di cause-effetti che comprende sia la tipologia costitutiva relazionale dei pensieri, sia la compartecipazione fisica dell'organismo a questi processi.


Sulla base delle considerazioni sin qui postulate, non si individua comunque un salto di

livello di comunicazione, semmai si possono fare delle asserzioni sulla tipologia espressiva della costituzione relazionale delle informazioni che concorrono alla evoluzione dell'immagine dell'io, ovvero, osservando che la metodologia espressiva derivante da una situazione di compartecipazione dei processi mentali con le informazioni ricevute, origina un sistema di comunicazione che sopra abbiamo individuato come linguaggio analogico che difficilmente riesce a produrre degli effetti positivi se deriva da questa posizione; è molto più probabile allora, che a questo livello, si instauri un sistema di comunicazione degenerante che, non solo riduce le possibilità evolutive sulla tipologia di interazione fra il soggetto e il suo ambiente, ma molto spesso accade che venga anche pesantemente condizionata l'immagine dell'io in senso negativo, ossia provocando effetti patologici da un punto di vista psicologico.


Per comprendere ancor meglio quanto sopra esposto dobbiamo far riferimento ad una tipologia di comunicazione dove si individuano due elementi in grado di ricevere e fornire informazioni dirette alla loro reciproca evoluzione, è il mondo delle relazioni intellettuali ed umane, dei rapporti uomo-uomo, uomo-donna, donna-uomo e donna-donna, ma per altre ragioni è anche il caso che riguarda la relazione più generale individuo-ambiente ,individuo-società ecc..., dove in sostanza le informazioni che vengono trasferite da una parte all'altra dell'universo provocano degli effetti che a loro volta saranno le cause di altre informazioni, dove si instaurano dei sistemi a tendenza e non è più sufficiente una metodologia di comunicazione intesa a mettere in relazione le cose fra di loro o ad identificarne le relazioni, dove anche la conoscenza delle cose e sulle cose non è più sufficiente, ma si rende necessario poter intervenire sulle possibilità di modificare, di trasformare e determinare sia le relazioni fra le cose che i processi necessari per queste operazioni, dove la comunicazione logica abbisogna di un supporto strutturale sulla sua applicazione in relazione sia alle possibilità di intervento dell'individuo che la esercita che in relazione alla propria evoluzione.


Il supporto comunicativo relativo a questo livello dunque deve essere in grado di poter

definire la strutturazione del linguaggio logico-descrizionale, deve individuare le posizioni logiche delle fonti di comunicazione e delle riceventi e deve soprattutto poter spiegare la sua metodologia espressiva in relazione alle cause che lo generano e agli effetti che vuole ottenere, indubbiamente si tratta di qualcosa di complesso, specialmente in riferimento alle possibilità di poter stabilire la propria posizione logica sia nei confronti dell'oggetto del sistema relazionale che per quanto riguarda il supporto informazionale adottato, ne consegue allora, che questa tipologia di comunicazione sia difficilmente raggiungibile soggettivamente.


In pratica però e possibile ottenere un terzo livello di comunicazione qualora la presa forte di coscienza del soggetto, fra lui stesso e la realtà effettuale in cui è inserito, dia origine a quella che gli addetti ai lavori chiamano “metacomunicazione” e che consiste nell'utilizzare la comunicazione logica per spiegare quali siano le relazioni esistenti appunto fra il soggetto e la realtà, oppure fra due oggetti percepiti e controllati nel loro campo di esistenza, situazione questa che è tanto più facile da capire quanto più il soggetto risulti sostanzialmente staccato attenzionalmente da ciò che sta analizzando, come lo scienziato che studia un evento mettendo in relazione gli elementi che compongono il sistema analizzato, o come uno psichiatra che controlla la configurazione interattiva della comunicazione di una diade, si tratterebbe in definitiva di poter interferire sulla tipologia del sistema di comunicazione adottato, ovvero di definire, controllare e modellare la relazione esistente fra i componenti di un qualsiasi sistema interattivo.


Si potrebbe osservare, a questo punto, che comunicare premesse del terzo ordine non significa più soltanto trasferire informazioni da un punto all'altro dell'universo, tramite delle "stazioni trasmittenti e riceventi", ma poter dare atto a dei processi di trasformazione energetica che coinvolgono i partecipatori alla comunicazione, strutturando in questo senso un sistema interattivo di carattere organicistico.


E' presupponibile dunque che, per quanto riguarda la pragmatica della comunicazione umana, sia a questo livello che avvengono delle trasformazioni sull'immagine dell'Io, ovvero che su questi presupposti si basi la maggior parte degli stati d'animo, delle sensazioni, delle emozioni e dei sentimenti che caratterizzano ognuno di noi, dove i processi di trasformazione energetica prendono spunto da una forma di comunicazione che potremmo stereotipare alle seguenti asserzioni: “ecco come io interpreto che tu mi interpreti che io ti interpreto, o ecco perché io interpreto in questo modo il fatto che tu mi interpreti in quel modo, che io ti posso interpretare.


Prende corpo così un primo livello di “Giudizio!”.


L' assunzione di coscienza di questa metodologia di indagine e l'adozione di questa tipologia di interpretazione rendono possibile il presupposto che ci debba essere un “quarto livello di conoscenza” a cui in teoria dovrebbe corrispondere un “quarto livello di comunicazione”, ovvero, per poter esprimere delle relazioni sulle premesse di terzo ordine e a maggior ragione, per modificarle, sono necessarie delle strutturazioni costitutive del pensiero che prendono vita ad un livello di interconnessione fra informazioni e processi derivanti dall'immagine dell'io che si sviluppano con una logica propriamente appartenente alla strutturazione relazionale matematica.


Sotto l'aspetto delle attività mentali si può capire che c'è la possibilità di modificare anche volontariamente attraverso delle operazioni più complesse dal punto di vista propriamente fisico che non mentale, quelle che sono le categorizzazioni indotte dalle correlazioni attenzionali costitutive del pensiero, in altre parole, si può pensare che le armonie degli stati attenzionali, che si possono presupporre alla base delle nostre operazioni mentali, si possano modificare, ottenendo così dei mutamenti di concettualizzazioni a livello conscio.


Si potrebbe supporre allora, che sia proprio questo il livello di costituzione delle concezioni paradossali che tanto influenzano la nostra mente, quindi fondate su delle premesse del tutto razionali che condizionano fortemente le possibilità relazionali dei

concetti, dove le correlazioni logiche sono sostanzialmente date dalle facoltà elementari di interpretazione, ovvero, dove le operazioni mentali sono date dalle strutturazioni omeostatiche del sistema cerebrale: quelle che si potrebbero definire operazioni sinaptiche.


Sta di fatto effettivamente che, a questo punto, si debba pensare ad una catena infinitamente regredente sulle tipologie di conoscenza e sui relativi sistemi di comunicazione, ma io suppongo però che esista un limite!


Possiamo indubbiamente affermare che un quarto livello di comunicazione sia reso possibile soltanto dalla interazione nella comunicazione delle metodologie logico-matematiche e che quindi il sistema di comunicazione si presenti per certi versi indubbiamente di difficile comprensione per la maggior parte di noi, c'è da sperare comunque che una tale barriera non sia insuperabile per la nostra immaginazione.


Ed è quindi bene ribadire che anche a questo livello di comunicazione, ossia utilizzando una forma correlativa che sia la più adatta possibile per la descrizione della realtà fisica delle cose, chiamiamola pure linguaggio matematico, esistono delle forme paradossali dovute al fatto che esiste sia un modo mentale di ragionamento dove la concezione di una cosa può sempre sembrare dualistica e paradossalmente appunto più si tenta di stabilire una delle due realtà interpretate, meno si è in grado di concepire l'altra parte, come se si tentasse di capire un disegno guardandolo attraverso una lente di ingrandimento che ne chiarisca il particolare fino a riconoscerne il tratto anche quello più evanescente e si perdesse così di vista il disegno nella sua completezza, sia che la realtà stessa si presenta per vari aspetti in modo indefinito o perlomeno indeterminabile.


Soltanto con la comprensione di un linguaggio talmente logico perfino da essere paradossale e con il superamento di questo in una visione completa della realtà, che in sostanza consiste nel tenere presente in una operazione di analisi mentale quello che raffigura il particolare con la concezione dell'intero, una operazione mentale estremamente complessa poiché richiede di non staccare l'attenzione fra una concezione di pluralità dei percepiti e una concezione di singolarità dell'insieme degli stessi, avremmo così la possibilità di ottenere una comprensione della stessa realtà analizzata che dà la sensazione di essere completa, dove il nulla, l’infinitesimo e l’infinito si configurano con l’unità in una indefinizione di termini.

Dove il “Giudizio” non può essere più espresso poiché tutto diventa interazione, compartecipazione, interconnessione funzionale.

Sembrerà strano, ma il fatto che ci siano dei paradossi logici è del tutto logico poiché se ammettiamo che esiste una variabile 'a' esiste anche il suo contrario: ‘!a’, quella che nel linguaggio comune definiamo come la sua “negazione”, ma che invece dovremmo identificare come “complementarietà”! E qui dobbiamo ancora presupporre un “quinto livello di conoscenza”, quindi un “quinto livello di comunicazione” che, nell'ambito normale della vita comune si presuppongono trascendentali.

Si può a questo punto ipotizzare che un quinto livello di comunicazione sia quello derivante da fattori paranormali come la telepatia, la telecinesi od altro, ma di solito a queste forme di comunicazione non corrisponde una presa di coscienza razionale del sistema di conoscenza del livello corrispondente a livello soggettivo.


Gli esempi più classici dell'esistenza di queste metodologie di comunicazione li possiamo notare in coloro che posseggono una "coscienza mistica", che sembra proprio essere in antitesi con la "coscienza razionale" dei teorici-matematici, ovvero, l'immagine della realtà di un mistico prende origine da delle metodologie mentali di correlazioni, categorizzazioni ecc. che non sembrano aver nulla in comune con quelle del matematico, perlomeno a certi livelli, ma se ci soffermassimo più attentamente su queste considerazioni ci accorgeremmo che esiste sempre qualcosa che lega assieme anche quello che sembra essere del tutto disgiunto, il nostro ragionamento, a questo punto però deve compiere un salto notevole per portarci a interpretare qualcosa che sta al di fuori della nostra mente, qualcosa di strutturale che la sola razionalità non riesce a spiegare.


Sotto questo aspetto allora, si può ritenere che il limite esistente sulle tipologie di conoscenza e sulle metodologie di comunicazione , sia da ritenersi dovuto al fatto che abbiamo individuato due sistemi di comunicazione apparentemente in antitesi fra loro ed esistenti sullo stesso sistema di coordinate.


Ora, è possibile pensare ad ulteriori tipologie di conoscenza e ad ulteriori tipologie di comunicazione, ma è difficile immaginare che questi esistano sul nostro pianeta, perlomeno per quanto riguarda la normalità dei sistemi esistenti, invece c'è da notare che, per quanto riguarda la strutturazione della comunicazione umana, dobbiamo ammettere che sussistano contemporaneamente tutte queste componenti, pragmaticamente dunque è per questa ragione che diviene inscindibile il legame fra esistenza e comunicazione, in altre parole è impossibile non comunicare quando si esiste, e se si comunica, a meno di qualche anomalia, questo avviene a tutti i livelli.


Ma ritorniamo per il momento al fatto che qualsiasi tipo di atteggiamento instaura, fra chi lo compie e l'ambiente che lo circonda, una serie complessa di interazioni causali ed è quindi comprensibile che si venga a creare una catena di cause ed effetti, vedendola quindi sotto questa ottica, l'esistenza è una funzione fra il soggetto, l'organismo e il suo ambiente, nell'ambito umano questa interazione raggiunge quindi dei livelli di complessità notevoli, i vari tipi di conoscenza e di linguaggio che ne derivano sono la prova tangibile di questa complessità, ma non ci scoraggi questo, in fondo le operazioni mentali che sono alla base dei nostri pensieri hanno un carattere omeostatico e possiamo tentare di aiutarci nell'interpretazione usufruendo di un grafico che ci potrà dare l'immagine che illuminerà l'estrema somiglianza dei processi mentali che originano i livelli di conoscenza e di comunicazione con delle operazioni comuni di studio e analisi delle funzioni.



Ecco un semplice esempio:



Per la comprensione di questo grafico dobbiamo partire dal presupposto che la presa di coscienza di esistere corrisponde ad un sistema di conoscenza di secondo ordine e ne sottintende una metodologia di comunicazione adeguata: è come se noi fossimo in grado di riconoscere quella che sul grafico sopra esposto è la curva di funzione “vita”, quindi la metodologia di comunicazione utilizzata corrisponderebbe appunto al nostro classico porsi a livello comunicativo in maniera descrittiva della nostra esistenza che in sostanza risponde alle esigenze di tutti i giorni e sottintende quel linguaggio comune che utilizziamo per farci capire, quella simbologia comunicativa che identifica la possibilità mentale di concettualizzare i percepiti ma che nulla può dire sulla conoscenza della concettualizzazione stessa.


Non appena però la nostra mente si pone attenzionalmente attiva tra il soggetto e la funzione della sua esistenza e quindi sussistono le premesse di terzo ordine, si prende coscienza anche del grado di qualità della nostra esistenza ed è come se la nostra mente

facesse l'operazione di integrale della curva di funzione, come se in parole povere, ne misurasse l'area sottintesa o meglio, effettuasse un confronto fra questa, che può rappresentare il grado di libertà raggiunta e quello ipotizzato, non effettuerebbe in sostanza che un raffronto fra un percepito primo dovuto, come ripeto alle operazioni mentali di percezione e cognizione, e un percepito secondo dovuto a quelle di teorizzazione, (uso la forma di percepito e non di correlato in quanto intendo far capire che vi sono modi diversi per identificare operazioni simili mentali, in questo caso i concetti vengono pensati come presi attenzionalmente da una funzione soggettiva e da un operare); la forma di comunicazione che sottintende questo livello di conoscenza deve quindi spiegare i rapporti in modo logico fra il soggetto e il mondo che lo circonda ovvero si tratterebbe di saper metacomunicare, spiegarsi i vari perché delle cose e dei metodi di comunicazione.


In definitiva l'unità di misura che si potrebbe affidare alla funzione integrale (l'area sottintesa alla curva di funzione esistenziale) sarebbe la libertà acquisita in senso fisico di sensazione esprimibile con dei raffronti rispetto ad una teorizzata che invece è frutto come vedremo più oltre di situazioni attenzionali della mente.


In fine,la presa di coscienza di questi tre livelli di conoscenza e di comunicazione si esprimerebbe con la funzione di derivata della funzione esistenziale, ossia quella funzione che nel tempo ‘x’ è in grado di stabilire quali saranno i rapporti fra i percepiti primi e quelli secondi nel tempo 'x+dt', ovvero nell'immediato futuro, che corrisponde nel grafico alla tangente della curva di esistenza nella posizione data dal tempo 'x'; ne rappresenta altresì il grado di verità, in altre parole possiamo dire benissimo che la nostra mente può arrivare ad ipotizzare una situazione tendenziale appunto attraverso le capacità di teorizzazione, quindi di stabilire quelle che saranno le situazioni di "domani" a meno dell'imponderabile, ma a questo punto la metodologia di comunicazione è forzatamente una metodologia che integra nel linguaggio parlato o scritto anche un linguaggio logico-matematico, in questo caso allora si può osservare che negli assi cartesiani abbiamo utilizzato un solo quadrante, nulla si può dire di che cosa rappresentino gli altri tre quadranti a meno di un discorso paradossale dal punto di vista logico che derivi da una considerazione del tutto trascendentale che presuppone una conoscenza o degli sprazzi di intelligenza che si suppongono derivanti soltanto dalle potenzialità mentali di ordine ancora superiore, quelle che deriverebbero dall'associare alla curva di esistenza non solo altre operazioni matematiche in modo da completare tutta l'analisi della curva stessa, ma di poter stabilire al di là di ogni esperienza possibile ed esprimibile con questo linguaggio una conoscenza ancora maggiore della realtà, poiché il grafico esprime negli assi una riparametrazione fra una situazione percepita nel contesto spazio-temporale e quindi esistenziale, dove alla base si considera soltanto la realtà effettuale delle cose, che non è la “realtà esterna”, ma una specie di raffigurazione insita nelle nostre potenzialità inferenziali, un’insieme di “engrammi” (che possiamo immaginare come configurazioni energetiche neuronali), che ci permettono di avere la “percezione” di una realtà esterna e che se dovessi sintetizzare il concetto in una immagine il concetto, vorrei esprimerlo così:




Spero a questo punto di non aver esagerato con questa tipologia di dimostrazioni, anche

perché queste erano le premesse di base per dei ragionamenti che dovrebbero in realtà aprire la mente ad astrazioni di tipo ancora più evoluto, visto che l'argomento che vorrei affrontare riguarda in fondo la tipologia e la metodologia mentale di operare, e vi assicuro, sebbene nulla si possa ritenere difficile ma forse tedioso, che non vorrei rendere di difficile comprensione i soggetti trattati né deformare quelle che sono le vostre convinzioni sulle attività mentali, ma soltanto ipotizzare una metodologia di funzionamento che spero comunque riscontrabile e non sminuisca in formule il nostro pensiero, ma che dia origine ad altri metodi di analisi e ci possa aiutare a capirci di più.

In fondo credo che se dovessimo solo definirci in termini matematici potremmo usare una semplice formula:




e definirci come il punto finale di una geodetica esistenzaile!


Dopo questa parentesi riflessiva che mi sentivo di inserire, vorrei riprendere un argomento poco sopra trattato, quello dei rapporti causa-effetto, poiché esiste una branca della matematica che ne studia la fenomenologia e ritengo altrettanto basilare dedicare un altro articolo, forse il prossimo appunto, a questo tipo di analisi per introdurre poi il discorso nel vivo della ipotesi della metodologia di studio della mente umana e della “intelligenza artificiale”.


Il prossimo articolo sarà incentrato sullo studio, condotto a livello elementare dei sistemi a retroazione o feed-back poiché ritengo che siano una buona base di partenza per la comprensione di molti concetti che sono relativi alla metodologia mentale di elaborazione e non solo, ma sono in qualche modo alla base degli studi sulla intelligenza artificiale e si propongono anche come modelli matematici elastici per poter dare una immagine, per quanto limitata alle mie teorizzazioni e ai miei studi del funzionamento della nostra mente, se non proprio da un punto di vista scientifico, nel senso di comprendere a livello fisico-chimico o bio-neurologico tutte le trasformazioni che avvengono nel cervello ogni volta che si effettua una operazione mentale, perlomeno da un punto di vista logico-matematico, che ci conceda lo spazio per una visione armonica e inserita nel contesto di una comprensione della realtà che non sminuisca per queste ragioni ciò che la nostra mente è in grado di produrre nel senso più nobile della parola, come i sentimenti, le emozioni gli stati d'animo e quella miriade di atteggiamenti che ci contraddistinguono gli uni dagli altri e noi stessi nel tempo, dare una immagine in sostanza, che migliori la comprensione delle cose che siamo in grado di concepire, siano esse esterne a noi che mentali, dove il termine “intelligenza” è soltanto uno tra i vari concetti categorizzabili.


Per poter iniziare parlare quindi di “intelligenza artificiale” è sicuramente necessario aver ben chiaro il concetto di “intelligenza”, che a mio avviso, non è semplicemente definibile con un paragrafo enciclopedico; se dovessi esprimere un mio personale parere, direi che per quanto concerne questa parola, “intelligenza”, non la assocerei a delle potenzialità teleologico-inferenziali che si possono in qualche modo generare in macchine od anche in organismi biologici elementari, il termine “intelligenza artificiale” in questi casi, lo ritengo del tutto inappropriato!


Una delle operazioni più comuni della mente umana, anche perché funziona in modalità omeostatica, è la “categorizzazione per similitudine”, che in effetti siamo stati in grado di trasferire a delle macchine, basti pensare agli algoritmi di computervision, ed è dovuto a tale procedura il fatto che si è utilizzato il termine “intelligenza” per definire certe “facoltà” operative di carattere artificiale.


Un “primitivo”, guardando un aereo lo definirebbe come uccello di ferro, guardando un UFO lo potrebbe definire come un “Clipeus Ardens”… o un uovo volante…. (l’utilizzo stesso della metacomunicazione fa riferimento a questo processo)… e quindi l’uomo moderno definisce “Sophia” un “androide intelligente”!


L’intelligenza è un processo di interconnessione informatico-energetica a carattere teleologico complesso coscienziale, che ha delle premesse sul sistema di comunicazione e di consapevolezza che poco hanno a che spartire con combinazioni binarie od anche quantistiche, dettate da algoritmi.


Parlare quindi di “intelligenza artificiale” significa addentrarsi su un mondo che parte dagli algoritmi genetici “sessuati” o meno, implementabili su organoidi di Xenobot, per arrivare al transumanesimo!


( a questo punto però vi chiedo di non sparare sul pianista...)


Grazie mille per la lettura 


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